Dantedì
[…] nell’enumerare per sommi capi gli articoli di pregio della Commedia, interessanti anche per il lettore del terzo millennio, comincerei dalla capacità di cogliere il miracolo nel quotidiano (così ben percepito da Montale a proposito di Beatrice); o quella di guardare ai fenomeni della natura con gli occhi verginali e insieme nutriti di cultura: una lezione che nel corso del terzo millennio si potrà anche applicare ai prodigi della tecnica e alle avventure spaziali.
Proseguirei con la ricerca della paternità in tutti i suoi aspetti e col rifiuto della legge storica secondo cui le colpe dei padri ricadono sui figli innocenti.
E aggiungerei via via il porre un limite alla sete di conoscenza quando diventi un gioco rischioso, governato dal demone della tecnologia e del profitto, a spese della dignità umana; il non concedere un libero sfogo agl’istinti, quando violino il rispetto dei legami affettivi e familiari; l’acquistare consapevolezza che certe scelte decidono irrevocabilmente della nostra sorte terrena; il sapere che è meglio conoscere a fondo pochi grandi testi decisivi per la propria crescita spirituale piuttosto che perdersi nel marasma dei messaggi contingenti o superficiali, nello zapping della pseudo-cultura di consumo.
Ancora, l’imperativo che il pentimento s’identifica con un’autentica espiazione, frutto di un doloroso e continuo scavo interiore (non è un caso che Dante lasci nell’ombra la parabola del figliol prodigo).
Last but not least, l’ammonimento alla coerenza, non disgiunta mai dalla capacità di riconoscere i propri errori e dalla volontà di sanarli: in altre parole, l’invito a saper ripartire da zero, arricchiti però di tutte le esperienze precedenti, superate ma non negate nè taciute.
Emilio Pasquini, Dante e le figure del vero. La fabbrica della Commedia, pp. 292-293